Discussioni linguistiche del Cinquecento by AA.VV

Discussioni linguistiche del Cinquecento by AA.VV

autore:AA.VV. [AA.VV.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Literary Collections, Letters
ISBN: 9788841889046
Google: 5J7Z9_lXLAIC
editore: UTET
pubblicato: 2013-05-13T22:00:00+00:00


CON. Lucrezio fu innanzi a Cicerone, il quale fu quegli che arricchì la lingua latina e le diede tanti ornamenti quanti voi diceste di sopra; il qual Lucrezio, se fusse vivuto dopo Cicerone, non arebbe per avventura detto così.

VAR. Quintiliano, che nacque tanto dopo Cicerone e fu uomo dottissimo, giudiziosissimo e eloquente molto, lasciò scritto queste parole: «iniqui iudices adversus nos sumus, ideoque sermonis paupertate laboramus»248. E in altri luoghi quando accenna e quando dice apertamente il medesimo.

CON. Chi pensate voi che potesse giudicare meglio e terminare più veramente questa lite, Quintiliano o Cicerone?

VAR. Io so a punto dove voi volete riuscire, e questa tra le altre fu una delle cagioni, perché io rinovai di sopra la protestazione; e nondimeno vi risponderò liberamente, dicendo Cicerone senza dubbio nessuno.

CON. Ascoltate dunque queste, che sono sue parole nel principio del libro De’ fini de’ beni e de’ mali: «sed ita sentio, et saepe disserui, Latinam linguam non modo non inopem, ut vulgo putarent, sed locupletiorem etiam esse quam Graecam»249. Udite voi quello che Cicerone dice? la lingua latina non solamente non essere povera, come volgarmente pensavano o arebbono pensare potuto, ma più ricca ancora che la greca.

VAR. Odolo.

CON. Udite anco questo altro luogo nel principio del terzo libro della medesima opera: «Et si, quod sæpe diximus, et quidem cum aliqua quærela non Græcorum modo, sed etiam meorum, qui se Græcos magis quam nostros haberi volunt, nos non modo non vinci a Græcis verborum copia, sed esse in ea etiam superiores»250. Voi udite bene che egli, cioè il medesimo Cicerone, diceva spesso, e disputava ancora, che in ciò non solo i Greci si dolessero di lui, ma eziandio i Romani che tenevano la parte de’ Greci; diceva (dico) e disputava spesse volte che i Latini non solo non erano vinti da’ Greci di copia di parole, ma eziandio stavano loro di sopra.

VAR. Io l’odo pur troppo, ma non credo che egli dicesse da vero.

CON. Era Cicerone uomo da burlare?

VAR. Era, anzi non fu mai uomo che burlasse né più di lui né meglio251; non penso già che dicesse questo per burla.

CON. O perché dunque, se ciò non era vero, disse egli che vero fusse?

VAR. Perché, se nol sapeste, la lingua latina ebbe quasi le medesime controversie con la greca che ha avuto, e ha ancora, la toscana colla latina; e se non fusse stato Cicerone, non so come si fusse ito la bisogna, perché i Romani tenevano ordinariamente poco conto delle scritture latine e molto delle greche. Ma Cicerone, come si vede apertamente sì altrove e sì in cotesti due proemii che voi allegati avete, ora confortando i romani uomini a dovere romanamente scrivere e ora riprendendogli e mostrando loro il loro errore (non altramente, quasi, che il Bembo a’ tempi nostri), le diede credito e riputazione e la condusse finalmente colle sue divine scritture tanto in su quanto ella o poteva o doveva andare, e per questa cagione, cioè per esortargli e inanimirgli allo scrivere latinamente, credo che egli quelle parole dicesse;



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